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venerdì 1 agosto 2014

Jerry, a Friend of the Devil

«Amo la musica. È la costante della mia vita. Come se in ogni evento di cui ho memoria ci sia stato un sottofondo di musica, rock'n'roll, folk o qualsiasi altro genere, a seconda dei momenti»
Jerry Garcia

Jerry Garcia [1/8/1942 - 9/8/1995]
Il chitarrista, cantante e visionario Jerome John Jerry Garcia nacque a San Francisco il primo giorno di agosto del 1942. Suo padre, uno spagnolo giunto negli Stati Uniti negli anni Venti, suonava flauto, clarinetto e sassofono. Sua madre lo mandò a lezioni di musica da un'insegnante boema. L'adolescente Jerry mostrava una passione viscerale per tutto ciò che produceva suoni e questo fatto spinse la sua mamma a regalargli uno strumento musicale ma scelse quello sbagliato: una fisarmonica. Di lì a poco l'ingombrante dono fu sostituito con una scattante chitarra elettrica Danelectro
Dopo varie esperienze in formazioni vicine alla musica tradizionale, come i Mother McCree's Uptown Jug Champions, il poco più che ventenne Jerry Garcia cambiò radicalmente strada e formò i Warlocks che poi cambiarono nome, diventando Grateful Dead. Con il chitarrista c'erano Phil Lesh, Rob Pigpen McKernan, Bob Weir e Bill Kreutzmann. La band esplorò pionieristicamente nuovi terratori musicali che, dal rock, conducevano al folk, al jazz e alla sperimentazione più sfrenata. Suonarono spesso ai celebri Acid Test organizzati, tra gli altri, da Timothy Leary. A volte le performance dei Dead arrivavano a durare più di 7 o 8 ore. Insieme ai Jefferson Airplane, i Grateful Dead furono uno dei gruppi di punta della eccitante scena psichedelica che innervava edifici, strade e live pub del quartiere Haight-Ashbury (a San Francisco), cuore pulsante della contro-cultura americana degli anni Sessanta. Oltre a lavorare intensamente con i Grateful Dead, Jerry Garcia suonò anche con Old and in the Way, Legion of Mary, Jerry Garcia Acoustic Band, Jerry Garcia Band, Jerry Garcia & David Grisman.
Stephen Stills e Jerry Garcia
Jerry Garcia non era un mostro di tecnica e nemmeno un perfezionista: il suo era uno 'stile libero', che si divincolava con sfacciata disinvoltura dalle convenzioni e andava alla ricerca di suoni trascersali o universali, impossibili da catalogare e da incasellare. La sua breve esistenza, terminata il 9 agosto 1995, si sviluppò in costante divenire. Riascoltare i dischi in cui ha suonato (includendo anche le numerose collaborazioni, per esempio "Deja Vu" di Crosby Stills Nash & Young) rivela tutta la sua grandezza. E andare a recuperare le videointerviste in cui racconta se stesso e il proprio lavoro è, ancora oggi, illuminante. Un bel DVD biografico su Garcia e i Grateful Dead è "Classic Album - Anthem To Beauty" (Eagle Picture). L'esempio che ho scelto per ricordare Jerry Garcia nel giorno del suo anniversario di nascita è il commento sonoro della love scene di Zabriskie Point (l'enigmatico capolavoro diretto da Michelangelo Antonioni).

Maurizio Maus Principato

mercoledì 30 luglio 2014

C'era una volta la Apple Boutique

Il 30 luglio 1968 la Apple Boutique fondata dai Beatles e dalla Apple Corps chiudeva i battenti. Il negozio era stato inaugurato il 5 dicembre 1967. Tra gli invitati, oltre ai Beatles accompagnati dalle rispettive mogli e/o amanti, c'erano ospiti illustri come Eric Clapton e Jack Bruce
Sulle pareti dell'edificio che ospitava la Apple Boutique venne dipinto uno grande murales realizzato dai designer olandesi Simon Posthuma e Marijke Koeger con il contributo dei pittori Josje Leeger, Simon Hayes e Barry Finch. I cinque intascarono complessivamente 100.000 sterline dell'epoca per realizzare la loro opera, che fu aspramente criticata da chi viveva nella zona e non era felice di vedere un edificio del 1795 imbrattato con disegni assurdi.
Ma cos'era la Apple Boutique? Qual era il concept che stava alla base di questo insolito shop? 
Paul McCartney rispose così ai giornalisti: «It's a beautiful place where beautiful people can buy beautiful things» (cioè: è un luogo meraviglioso dove gente meravigliosa acquisterà cose meravigliose). Presso la Apple Boutique era possibile acquistare sgargianti capi di abbigliamento alla moda e oggettistica. La parola 'buotique' non piaceva a John Lennon ma le sue perplessità non furono prese in considerazione. 
A partire dal 6 dicembre 1967, però, cominciarono i guai: la gente entrava, sceglieva vestiti o gadget, li metteva in borsa e andava via senza pagare una sola sterlina. Gente meravigliosa? Macché, erano ladri meravigliosamente disinvolti. Nonostante il via vai di ladruncoli nessuno chiamò la polizia, la cui presenza non era gradita là dove si professavano pace, amore e libertà seppur con finalità commerciali. 
Quando la perdita del negozio raggiunse le 200.000 sterline si decise di chiudere. 
Paul McCartney spiegò: «Tutto sommato le cose stavano andando bene ma ci siamo resi conto che i Beatles e la Apple Corps non vogliono vendere: vogliono donare qualcosa alla gente. Quando abbiamo visto che Apple Boutique era diventato un negozio come tanti altri abbiamo preferito dire: basta».
Il 30 luglio 1968 la gente fu invitata a entrare per l'ultima volta nella Apple Boutique per scegliere un vestito o un oggetto da portare con sé gratuitamente. La voce si sparse velocemente e ci fu un assembramento, con colluttazioni e risse. A quel punto chiamare la polizia fu inevitabile.

Maurizio Maus Principato

martedì 29 luglio 2014

Philip Sayce - "Influence"

Philip Sayce è nato in Canada e cresciuto a suon di Jimi Hendrix, Stevie Ray Vaughan, Mark Knopfler ed Eric Clapton. Proprio un concerto di Slowhand a Toronto lo 'illumina sulla via del blues', Philip ricorda: «La sua versione così groovy di “Crossroads” ha avuto un impatto enorme su di me gettando le basi per la mia musica. Clapton faceva qualcosa di diverso da tutti i giovani chitarristi, lui metteva a nudo il suo cuore sul palco».
Da allora, di acqua sotto i ponti ne è passata un po' e Philip è anche riuscito a realizzare uno dei sogni di ogni giovane chitarrista, salire sul palco con il suo idolo, quando Clapton lo ha invitato a suonare al suo “Crossroads Festival” al Madison Square Garden di NYC, nel 2013.
Photo by Austin Hargrave
A settembre uscirà il nuovo album di Sayce, “Influence”, l'ho ascoltato e mi ha fatto letteralmente girare la testa.
L’album si apre con “Tom Devil”, un brano inciso da Ed Lewis & Prisoners in “Southern Journey, Vol. 5: Bad Man Ballads”, una delle raccolte di folk music americana realizzate da Alan Lomax. Philip riprende l’andamento incalzante e quasi ipnotico del cantato originale e lo porta dalle strade ferrate, a cui lavoravano i detenuti agli inizi del secolo, per portarlo nei psichedelici anni Settanta.
Il resto si dipana sul filo tra rock (“Light Em Up”), blues (“Triumph”), funk (“Out Of My Mind”) e psichedelia, tutti ingredienti dosati in maniera impeccabile, da finissimo gourmet musicale.
Insomma, il disco è entrato nella mia macchina una settimana fa, non credo che ne uscirà molto presto.

Gualtiero 'BigG' Tronconi

Se ti piace questo disco ascolta anche:
Crosstown Traffic” – Jimi Hendrix
Don't Let Your Chance Go By” - Jeff Healey
Pride And Joy” - Stevie Ray Vaughan