«Il
lavoro dei Clash echeggiva in qualche modo ciò che gli Who avevano
fatto negli anni Sessanta traendo spunto da quello che accadeva tutto
intorno. Mi riferisco a quell'atmosfera di malcontento, frustrazione,
disaffezione diffusa nel dopoguerra cioè il senso profondo
e inguaribile di depressione o rabbia causati dal fallimento delle
riforme riguardanti l'assistenza sanitaria e il sussidio di disoccupazione istituite nell'immediato dopoguerra. Quelle riforme furono un'idea del movimento laburista che non si oppose quando ci fu un inevitabile e sbalorditivo aumento delle tasse.
Era inevitabile che dei giovani istruiti, colti e consapevoli come i
Clash si sentissero costretti a voltare le spalle sia alla destra che
alla sinistra, dando l'impressione di essere anarchici. I Clash erano dei poeti. In quanto artisti che lavoravano nel campo
della musica pop rock erano completamente liberi di esprimere e
riflettere il loro disagio nei confronti del mondo che li circondava.
E soprattutto avevano il coraggio di esplicitare un profondo rammarico
perché le band che li avevano preceduti – inclusi gli Who – non
erano state abbastanza militanti».
(Pete
Towshend, brano estratto da “The Clash – Death or Glory” di Pat
Gilbert, Fazi Editore 2006)
A seguire,
potrete trovare il link a un'interessante intervista che Joe Strummer rilasciò nel 1999.
L'intervista è stata ripubblicata integralmente dallo scrittore piemontese Giuseppe Culicchia all'interno del proprio sito.
Maurizio Principato
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