martedì 12 agosto 2014

"One Train Later" di Andy Summers

Stanotte ho finito di leggere l'autobiografia di Andy Summers dei Police, edita da Galaad Edizioni, 361 pag. per € 18,00.
Un bel libro, scritto in modo interessante, un libro che i chitarristi, anche quelli che non amano il modo da suonare di Andy, ameranno perché pieno di frasi come questa: «Abbasso lo sguardo sulla chitarra che ho fra le mani, questa vecchia e malconcia Fender Telecaster scrostata e ibrida (ha un humbucker Gibson al post del pick-up originale sul manico). (...) Forse dovrei avere una chitarra nuova e scintillante - ormai me ne offrono una ogni cinque minuti -, ma io la adoro, questa vecchia reliquia: ha un anima. Una volta mi hanno detto che nella vita, come si ha una sola vera donna, si ha una sola vera chitarra. La mia è questa Tele del 1961». E ancora: «"Every Breath You Take" volerà al numero uno della classifica di Billboard e ci rimarrà per otto settimane. "Come hai avuto questa idea? Da dove arriva?" mi chiederanno, cose se fosse possibile elaborare una formula a tavolino. (...) Ma la verità, come ben sa ogni chitarrista che abbia sempre il suo cazzo di strumento tra le mani, è che le dita si costruiscono una memoria tutta loro: a guidarti sono serbatoi di informazioni, cose che tendi a suonare o direzioni che tendi a imboccare quando imbracci lo strumento, per poi tramutarsi lentamente in un altro insieme di reazioni».
Ma questo è un volume che potrebbero amare gli appassionati di fotografia, essendo Andy uno stimato fotografo con parecchi libri e mostre alle spalle (noi vi consigliamo "Throb", edito nel 1983, prima pubblicazione del chitarrista/fotografo). Nelle pagine si trovano molti riferimenti alla fotografia e al suo linguaggio. «Iniziando a fotografare tutto ciò che mi circonda, imparo presto a odiare la distorsione del grandangolo. (...) così passo a un tradizionale 50mm che mi permette di ottener risultati migliori. Adoro la sensazione della macchina fotografica tra le mani: è come una pistola pronta a sparare. Lasciandomi ispirare da Walker Evans, Diane Arbus, Henri Cartier-Bresson, Lee Friedlander e Ralph Gibson, mi aggiro di notte e tento di fotografare al buio con una pellicola ad alta sensibilità senza flash. In America sembra tutto una fotografia: la testa mi si riempie di immagini in bianco e nero, le mie mani stringono sempre la macchina. Con la band sempre più al centro dell'attenzione, la fotografia diventa un mondo privato nel quale posso ritirarmi ed essere solo». L'immagine muta sembra tornare come elemento di salvezza e momento privato nella vita, ormai perennemente pubblica, del chitarrista.
Insomma, se ancora non si fosse capito, il libro mi è proprio piaciuto, per gli aspetti musicali, per la storia di vita, per le citazioni fotografiche... e via così.
Lo consiglio a tutti, amanti dei Police o meno.

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